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Anni Cinquanta
 
      Nonostante il giungere dell'astrattismo, dell’informale e della stagione creativa dell'arte italiana con Fontana, Burri e Manzoni, la pittura figurativa aveva ancora molto da comunicare. La Galleria prese, dunque, un orientamento preciso: la pittura moderna, che comprendeva la fine dell’Ottocento fino alla prima metà del Novecento.
Il Novecento è stato per l’arte un secolo straordinario, la molteplicità dei movimenti e alcune geniali personalità hanno aperto il panorama artistico a 360 gradi. Nel contesto vanno considerati anche i nostri artisti che si sono espressi alla stregua di Cantatore, Funi, Rosai, Guttuso e tanti altri che, sebbene non legatisi a correnti, hanno espresso una loro cifra di qualità.
Vennero selezionati gli artisti che operavano a Napoli e che avevano esposto alle Biennali di Venezia, alle Quadriennali di Roma, alle Sindacali e all’estero: dall’Accademia Notte, Ciardo, Brancaccio e Giarrizzo, dall’Istituto d’Arte Striccoli, Chiancone, Girosi, Verdecchia, Vittorio e alcuni artisti indipendenti come Capaldo e Bresciani, che insegnava alla Scuola Statale d’Arte a Torre del Greco; a loro si affiancarono i nomi di De Pisis, Sironi, Rosai, Guttuso, De Chirico.
 
 

Nel 1954 Alberto Chiancone (Porto S. Stefano, GR 1904 - Napoli 1988) diede inizio, con la sua personale, al percorso moderno della Galleria, ottenendo un ottimo successo. Le personali di Striccoli, Galante e Verdecchia del 1955, seguite dalla retrospettiva di Crisconio e da quella del 1956 di Brancaccio, rinsaldarono il cammino della Mediterranea. Vanno ricordate in quell’anno una mostra celebrativa su Pietro Scoppetta (Amalfi / SA 1863 - Napoli 1920) con 54 opere, curata da Alfredo Schettini in collaborazione con il nipote dell’artista ed una mostra omaggio ad Attilio Pratella.

A partire dal 1955 le opere di due artisti indiscussi quali Luigi Crisconio (Napoli 1893 – 1946) e Carlo Striccoli (Altamura 1897 - Arezzo 1980) saranno sempre presenti in Galleria.
Nel 1955 espose con una personale alla Mediterranea il più enigmatico esponente dell’arte figurativa del Novecento, Giorgio De Chirico (Volo, Grecia, 1888 - Roma 1978), con il quale Ammendola strinse un rapporto d'amicizia e di lavoro che purtroppo terminò dopo tre anni per la difficoltà di collocare le sue opere. De Chirico figura in Galleria anche nel 1956 insieme ad altri due artisti, il russo Alessio Issupoff e Mario Simoni, nel 1957 (Mostra De Chirico, Sciltian, Issupoff) e nel 1958 con Issupoff.

 
 
G. De Chirico con Nellino Ammendola Da sin.: Giorgio De Chirico, Nellino Ammendola, Isabella Far (moglie di G. De Chirico) e a destra P. Girace Personale di De Chirico
 
 
Nel 1956 si propose con una personale Franco Girosi (Napoli 1896- 1987), un artista raffinato e grande conoscitore della pittura. 
Nel 1957 va citata la «Mostra del Manifesto Cinematografico Polacco», una manifestazione di grande interesse artistico - culturale con opere di J. Lenica (I bimbi di Hiroshima e Rio Escondit), di J.Mroszczak, W. Swierzy, J. Milodozeniec ed altri; primo esempio a Napoli di manifestazione della cartellonistica in una galleria.

Nello stesso anno la Galleria propose una storica mostra di Vincenzo Migliaro (Napoli 1858- 1939) a cura di Alfredo Schettini, dove vennero esposti La bottega dell’orefice a Porta Capuana, Il crocefisso a Cariati, Piazza Francese e Cantina Napoletana, in tutto venti opere.

Nel 1958, grazie alla collaborazione con i mercanti di Milano, vennero esposte opere di Morandi, De Chirico, Capogrossi, Guidi ed altri.
Nello stesso anno va segnalata anche la seconda mostra personale di Carlo Verdecchia (Casoli di Atri/TE 1905 – Atri 1984), al quale la Mediterranea ha dedicato nove mostre personali: dal 1955 al 1977.


 
Nel 1959 la Galleria offrì un omaggio a Vincenzo Gemito (Napoli 1852- 1929) con una mostra che raccoglieva 15 straordinari disegni, tra cui Giuseppina e Autoritratto, e dieci bronzi.
Nel momento in cui è stata fondata la Galleria operavano anche la Giosi e la Bianchi D'Espinosa & Rossato che si occupavano di vendite all’asta, la Galleria di Mario Mele, la Galleria Forti, diretta dal pittore Giuseppe Spirito che era attiva dagli anni Quaranta, la Medea, il Blu di Prussia dell'architetto Mannaiuolo in via Filangieri, La Lauro in via Nardones, Il Ponte a via Chiaia, e la Chiurazzi in via Calabritto.
«In quegli anni – spiega Ammendola - nacquero altri spazi espositivi che accoglievano le correnti d’avanguardia napoletana, ma non ebbero seguito. In verità le gallerie che operavano con loro non acquistavano le opere, ma le esponevano solamente rientrando dunque in quello che in gergo si definisce “fitta mura”. Il vero mercante d’arte è colui che compra le opere, promuove e sostiene l’artista anche nei momenti di difficoltà. Oggi, invece, esistono gruppi di potenti investitori internazionali che movimentano i loro artisti coadiuvati da una critica ben inserita nei cosiddetti "circuiti" di Gallerie, il tutto supportato da un notevole battage promozionale… ed ecco che spunta l'artista. Per non parlare delle vendite televisive….».
 
 

Durante gli anni Cinquanta, a Lacco Ameno d’Ischia, i fratelli Ammendola inaugurarono La Plaza, una piccola galleria d'arte nella quale esposero sia Giorgio De Chirico che gli altri artisti legati alla Mediterranea.

Nel corso degli anni Ammendola conobbe critici d’arte, collezionisti, mediatori e stabilì contatti con i mercanti italiani di Milano, Roma, Venezia e Trieste per raccogliere opere da poter esporre in Galleria. A Venezia l’incontro con Margherita Grassini Sarfatti, che insieme a Lino Pesaro aveva creato il «Gruppo 900» con Oppi, Funi e Sironi, diede maggiore vitalità al suo interresse verso il Novecento. Occasionalmente nacquero scambi con i galleristi milanesi Celestini e Sacerdoti per la pittura dell'Ottocento napoletano.

  Galleria La Plaza, De Chirico tra Nello e Antonio; dietro l’internal designer Sergio Tonello che curò le gallerie degli Ammendola, di lui và ricordato il Bar Cristallo di Piazza de Martiri e i negozi di Hass  
 
 
La Mediterranea diventò punto d’incontro sia per gli artisti napoletani che per i critici come Ricci, Girace, Schettini e Barbieri. Spesso questi incontri generavano riflessioni, ma anche contrapposizioni e polemiche che alimentavano con vivacità e fermento la vita culturale e artistica della Galleria. Erano di casa Carlo Nazzaro, direttore del Mattino che aveva allora la sede a Piazzetta Matilde Serao e Mattia Limoncelli, direttore del Circolo Artistico in Piazza Trieste e Trento. Un grande punto di forza erano i collezionisti come l’avv. Armiero, che è stato uno dei soci fondatori della Galleria, l’avv. Autiello, presidente della S. Rosa, i notai Morelli, Monda, De Rosa e Maddalena, i costruttori Marino, Vosa e i fratelli D’Angelo, i pellicciai Mele, il dott. Bellucci Sessa e Francesco La Fianza,il prof. De Marco e , l’armatore Grimaldi, l’editore Morano, il conte Matarazzo ,Alfredo Resi ed Elio Abravanel del settore della torrefazione , tutti con un grande amore per la pittura
 
 
 
 

 

Nellino Ammendola, il gallerista Ettore Russo e Giorgio De Chirico   da sinistra: Antonio Ammendola, Gregorio Armiero, Alfredo Schettini, Nello Ammendola  
 
 
Gli anni Cinquanta furono molto duri per Napoli; le condizioni economiche e sociali della popolazione erano disagiate a causa della guerra, esperienza ancora vicina che aveva provocato danni ingenti. Nel dopoguerra il divario socio - culturale tra il nord e il sud si accentuò maggiormente. Il mercato non riusciva a promuovere l'attività degli artisti i quali, per vendere, spesso diventavano ripetitivi nella speranza di trovare un punto d'incontro col gusto del pubblico ancora conservatore.
Per descrivere la condizione artistica di questi anni Ammendola ricorda un episodio raccontatogli da Tizzano: «Era la vigilia di Natale, e lui non aveva una lira per imbandire la tavola. Poiché c'era in via Santa Brigida un medico che ogni tanto gli comprava un pezzo, Tizzano prese una sculturina e alle ore diciotto - era già buio - si recò ad aspettarlo sotto il portone. Dopo un'ora d'attesa vide da lontano la sagoma di Crisconio che si recava con una tela sotto il braccio dallo stesso collezionista, che evidentemente era uno dei pochi che acquistava a Napoli. Tizzano, mortificato, non ebbe il coraggio di restare lì e se ne andò con la sua scultura al Vomero, all'angolo della pasticceria Daniele, dove incontrò i suoi amici vomeresi, Casciaro, Chiancone e altri. Capita la situazione fecero una colletta per aiutarlo».
 
 
Il pittore Amerigo Tamburrini Il pittore Rubens Capaldo Lo scultore Giovanni Tizzano
 
 
Per aver più chiara la condizione artistica partenopea va citato anche un articolo pubblicato da Girace su «Il Mattino illustrato»:

 

«L'altra sera sono tornato al Vomero, e mi sono seduto nella saletta del bar "Franca" dove di solito si riuniscono i pittori a parlare di arte, ed a tagliarsi, il che succede più spesso, i panni addosso con grande disinvoltura. Sarebbe interessante, pensavo mentre i miei amici discutevano animatamente, scrivere un libro sui pittori e gli scultori napoletani, non certo di critica, che di sicuro verrà tra un mezzo secolo; ma un libro invece che parli della loro vita, dei loro sacrifici, dei loro sogni, delle loro piccole miserie materiali e morali, un libro strano, insomma, lirico e drammatico ad un tempo con creazioni di ambienti dove questi eroi dell'ideale, buoni o cattivi, allegri o malinconici, si muovono come personaggi da romanzo. I pittori del Vomero hanno creato una specie di repubblica, che se non è simile a quella di Portici, è certamente più numerosa ed agitata con frequenti crisi interne ed improvvise "rotture diplomatiche": il palazzo del governo di codesta repubblica è la casa di Guido Casciaro, che continua la bella tradizione paterna accogliendo nel suo studio colleghi ed amici. Guido vive in una specie di galleria d'arte con la moglie signora Maria, la figlia Giovina, che quando vuole sa essere anch'essa pittrice, e tre cani-lupo irrequieti e "screanzati". Dopo aver dipinto tutto il giorno, egli scarica i suoi umori buoni o cattivi nel bar Franca.
Giunge nel bar qualche sera con il suo profilo dantesco il pittore Di Marino, che ha dipinto, credo, tutte le strade di Napoli. Le apparizioni di Carlo Striccoli sono molto rare. Egli pur appartenendo alla repubblica del Vomero, e pur sottostando ai decreti e alle leggi che questa emana, trascorre il suo tempo chiuso nello studio di Villa Haas, dove spesso vanno a trovarlo amici ed amatori d'arte con i quali si impegna spesso in discussioni focosissime sulla pittura. Striccoli è scontroso ed ombroso: non partecipa alla vita attiva della repubblica, e la sera se ne va in giro solo, come Derain per i cinematografi. Fanno parte "geograficamente" della repubblica anche Eduardo Giordano detto "Buchicco", Ettore di Giorgio e Barillà. Lo scultore Tizzano vive solitario al Vomero vecchio nella Torre della Madonna, tra i fervori creativi e meditazioni filosofiche, che trascrive sulle pareti nella sua fucina come un monito per il visitatore. Molti di questi amici l'altra sera appunto erano presenti nel bar "Franca" dove fra frasi monche ed epiteti si metteva a soqquadro un pò tutta l'arte italiana, e particolarmente quella napoletana. Giungevano intanto nella piccola sala alcuni amatori d'arte, Natullo, Navarra, Apuzzo in nobile gara ad accrescere la propria pinacoteca. Il bar era affollato, ma i pittori imperterriti continuavano le loro discussioni. La ragazza del banco ascoltava quegli strani discorsi e udiva i nomi per lei ancora più strani, de Chirico, Carrà, Morandi, Tosi, Carena, Soffici, Scipione e Casorati […] poi vennero fuori altri nomi, a lei più noti, Brancaccio, Ciardo, Giarrizzo, Crisconio, Vittorio, Cortiello, Fabricatore, Gatto, Parente, Notte,Tamburrini, Capaldo, Bresciani, Viti, Villani, Ferrigni, eccetera. Ella sapeva benissimo che erano nomi di artisti, che appartengono alla «repubblica bassa» [...] . Essa ha per palazzo del governo l'Accademia di Belle Arti. Terribile è codesta repubblica con il suo "mandarinato" e le sue ambasciate di Roma e di Milano. Ne fanno parte integrale Brancaccio Giarrizzo, Ciardo, Notte, Russo, Lalli e gli scultori Parente, Monteleone, Mennella, nonché i giovanissimi Amoroso, Venditti e Barisani. Pare che esista, ed ormai da anni, una certa rivalità tra la «repubblica alta» e «la repubblica bassa». Chi non ricorda i luculliani simposii nella trattoria Sica? Giungevano i plenipotenziari ad uno ad uno nella sala fumosa tra l'odore delle vivande e indugiavano in liete conversari fino a notte inoltrata; e la pace era fatta. Parole affettuose, attestati di stima, accordi unanimi, buoni propositi per l'avvenire, solenni dichiarazioni. Ma la guerra, dopo pochi giorni, ricominciava daccapo inesorabile. Crisconio allora batteva le campagne del Pascone, ed era un fuorilegge con i suoi amici Vittorio, Ferrigno, Tamburrini. Viti, neutrale, amico delle due repubbliche, assisteva alle lotte cercando spesso di conciliare le parti, mentre Cortiello inviato speciale di guerra, correva, barbuto come un fauno, in automobile dall'uno all'altro campo. Tutte queste "cronache repubblicane" la gente le ignora, e forse non sa nulla delle lotte sostenute da questi eroi dell'ideale nelle grandi competizioni nazionali ed internazionali, quando tutti insieme, quelli della repubblica di sotto e quelli della repubblica di sopra, cessate le ostilità, prendevano posto in una vettura di seconda o terza classe e raggiungevano Roma o Venezia per cimentarsi con i campioni delle altre città d'Italia»

(P. Girace, Vita e miracoli dei pittori, in «Il Mattino illustrato», 20 aprile 1947).

 
Gli artisti meridionali, pur consapevoli delle tendenze socio-politiche del dopoguerra, scelsero autonomamente di continuare il "proprio" percorso artistico, dettato anche da una matrice culturale ben diversa da quella nazionale. Il "ritardo" che spesso gli è stato imputato consiste essenzialmente nella loro libera scelta di non seguire correnti che non sentirono proprie. Purtroppo chi non si "convertiva" era escluso.
 
 
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